“E’ San Valentino, vi parlo dell’arte di amare”. Intervista ad Attilio Piazza

Attlio PiazzaUn San Valentino diverso. Meditando sul chakra del cuore e parlando dell’amore. Una serata speciale, non solo per coppie. La propone il Centro Yoga Yoko di Casier di Dosson, sabato 14 febbraio, con l’iniziativa “L’arte di amare” rivolta agli innamorati di ogni età ma anche ai single.

A guidare la meditazione sarà Lorena Trabucco Yoko, a dialogare sull’amore sarà il formatore Attilio Piazza, uno dei massimi esperti italiani di Costellazioni Famigliari. L’inizio è previsto per le 21. Fine serata in relax e gioia con la musica e le canzoni di Franco, i dolcetti e le sorprese di Luciana.

È consigliata la prenotazione.

Ad Attilio Piazza abbiamo chiesto un’anticipazione della conversazione sull’amore, anzi sull’amare, come preferisce lui.

“Il vero amore è eccezionale, due o tre volte in un secolo all’incirca. Per il resto, vanità o noia”, sosteneva lo scrittore Albert Camus. Attilio Piazza, lei è d’accordo?

Assolutamente no. Voglio bene al “buon” Camus, ma la sua affermazione si basa sull’idea limitante che l’amare coincida con la passione per qualcuno. L’amare è un altro senso degli esseri umani, un’attività naturale e perenne come l’olfatto, l’udito, il gusto, che non si può interrompere perché è insita nell’essere vivi.

Più che amore preferisco chiamarlo amare.

 Chiamiamolo pure amare. Fatto sta che, a guardarsi intorno, non sembra proprio una condizione diffusa…

Culturalmente siamo abituati a far coincidere l’amare con il rapporto di amore con qualcuno; pensiamo di poter decidere chi amare e chi non amare; riteniamo che in certe circostanze l’amore finisca… Sono in realtà equivoci. Può infatti finire una storia d’amore, ma non l’amare, che non finisce mai, perché è un’attività sempre presente e insita nel cuore dell’uomo.

Sta dicendo cose che si discostano dal senso comune.

Sembra complicato, in realtà come tutte le cose vere è molto semplice.

L’equivoco consiste nel fatto che si è abituati a pensare che se una persona smette di amarmi e magari vuole stare con qualcun altro, la mia risposta a questo fatto debba essere l’interruzione del flusso di amore nei suoi confronti. Prendo una tale decisione perché mi sento ferito e soffro, e penso di dovermi difendere. La sofferenza nasce quindi dall’interruzione del flusso di amore.

Un counselor di fatto cosa fa? Lavora assieme alla persona “ferita” perché si riappacifichi con se stessa e con l’altro, riesca a perdonare e a permettere nuovamente al flusso di amore di attraversarla. Chiunque ha interrotto un rapporto d’amore, desidera poi tornare ad amare. E sta male finchè non ci riesce di nuovo.

L’ideale, sta dicendo, è non interrompere mai quel flusso. E quindi non identificare l’amare con la persona con cui si sta in coppia. Non le pare troppo difficile per le persone comuni?

Dipende dal grado di consapevolezza e comprensione raggiunto da ciascuno.

Ci sono coppie che non reggono la sfida del tempo e quelle invece che durano per sempre. Qual è il fondamento di un amore longevo e duraturo?

Ci sono coppie coscienti e molto fortunate i cui i partner sanno rinnovarsi periodicamente e partecipano al cambiamento contemporaneamente. Quando la coppia si rende conto dei cambiamenti e li accetta, l’intesa tiene e non si ravvisa la necessità di separarsi sul piano fisico.

Poi ci sono le coppie in cui i cambiamenti sono rari e le ragioni per continuare a stare insieme sono forti, come la protezione reciproca, un intento comune condiviso per lungo tempo, o la convenienza. Anche queste sono coppie che reggono.

E ancora, ci sono coppie che non riescono a separarsi. E continuano a stare insieme molto male, magari in un regime di conflitto permanente.

Sta dicendo, in poche parole, che la durata in amore non sempre è un valore? Alle volte può essere un limite?

Il fatto di stare insieme per sempre è una delle cose che ci si promette quando ci si sposa. Nel rito della chiesa cattolica si dice: “Nel bene e nel male finché morte non vi separi”.

È una promessa che, a mio avviso, ha avuto senso in epoche caratterizzate da cambiamenti lenti e da un basso livello di coscienza. Oggi questa cosa è palesemente in crisi. Nel mondo attuale le persone cambiano molto rapidamente, e tale promessa diventa un peso incredibile quando si capisce, spesso molto tardi, che non ha più senso.

Diversamente, le persone in crescita spirituale modificano continuamente se stesse, a volte in modo sostanziale; è naturale quindi che sorga il bisogno di sentirsi accompagnati da un partner che corrisponda maggiormente al nuovo livello di coscienza raggiunto.

 Il rischio non è la deresponsabilizzazione in nome della libertà?

Una persona che cresce spiritualmente aumenta il suo grado di responsabilità, di rispetto e compassione verso gli altri. Quindi, ad esempio, se dall’unione sono nati dei figli è giocoforza che continui ad occuparsene. Il rapporto di genitorialità è qualcosa che dura per sempre, non si può interrompere. L’essere in coppia può anche finire, l’essere padre o madre non finisce mai.

I cambiamenti vanno accolti e assecondati. È quando si resiste ai cambiamenti che si soffre terribilmente.

È meraviglioso comprendere che non è assolutamente necessario smettere di amare quando finisce un rapporto, che è bello dare libertà all’altro e riprendersi la propria.

Osho era contro il matrimonio, lo paragonava ad una rosa di plastica. È d’accordo?

Osho ha detto tutto e il contrario di tutto. E’ vero, ma è anche vero che fra gli allievi eccellenti di Osho c’erano persone sposatissime. Lui ci ha consigliato (Attilio Piazza ha seguito il Maestro vivente per 11 anni, ndr) di scegliere il matrimonio senza farlo diventare un impedimento alla crescita spirituale. Ci ha messo in guardia sul matrimonio di convenienza… Io mi sono sposato due volte e mi sono separato due volte. Sono esperienze che rifarei e che sono contento che siano concluse.

L’arte di amare, come la intende lei, si impara?

Assolutamente sì. La si deve apprendere perché non è qualcosa che impariamo dai nostri genitori (eccetto casi particolarmente fortunati), non viene insegnata a scuola e in giro non ci sono esempi edificanti, anzi: è l’arte di non amare quella che si vede intorno a noi.

Prima di tutto, quindi, c’è da disimparare quello che di disfunzionale abbiamo visto e appreso.

Poi, si inizia questo percorso fertile di apprendimento della comprensione e del rispetto del bene dell’altro, del desiderio della libertà dell’altro, della capacità di non creare conflitti e di scioglierli qualora ne nascano, la capacità di stare insieme nel contrasto, e quella di lasciarsi con gratitudine.

Francesca Nicastro

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