Marco Ferrini: «I conflitti si superano parlando con il cuore». Seminario a Monastier il 18 e 19 marzo

Marco Ferrini, ricercatore, formatore, studioso e guida spirituale, fondatore del Centro Studi Bhaktivedanta, Accademia di Scienze Tradizionali dell’India, sarà a Monastier di Treviso (Park Hotel Villa Fiorita via Papa Giovanni XXIII n. 1) questo fine settimana per un seminario di due giorni sul tema “Superare il conflitto relazionale parlando con il cuore”. È un’occasione straordinaria per sperimentare (non solo apprendere!) come far fare un salto evolutivo alle nostre relazioni interpersonali.

Chi non desidera ardentemente andare d’accordo con figli, partner, soci in affari, amici e parenti? E perché, invece, nonostante le buone intenzioni di tutti gli attori in gioco, si continua a litigare e a stare male? Il conflitto fa soffrire, indebolisce le relazioni e toglie energie preziosi ai progetti, alle organizzazioni.

Marco Ferrini, che con la sua opera ripropone in chiave attualizzata il pensiero spirituale dell’India nel dialogo tra Oriente e Occidente, tra contemporaneità e tradizione, anticipa in questa intervista alcuni dei temi che tratterà nel corso del seminario, che inizierà sabato alle 10 per concludersi domenica alle 18.30. Ferrini interverrà sabato dalle 16 alle 19, domenica dalle 11 alle 13 e condurrà personalmente la l’esperienza di visualizzazione meditativa domenica pomeriggio. Per il programma completo CLICCA QUI.

Professor Ferrini, perché si litiga con gli altri?

«Perché non si parla con il cuore. Quando si parla con la mente prevalgono interessi che distorcono la realtà. E se, a loro volta, i nostri interlocutori non ascoltano con il cuore, reagiscono alla conflittualità o, addirittura, la creano».

Il conflitto è sempre negativo o ha anche una valenza positiva?

«La conflittualità è sempre negativa. Può essere necessario passarci quando, ad esempio, non riteniamo di dover acconsentire o testimoniare passivamente a un’ingiustizia, a un sopruso, a un’offesa.  Ma se in quel conflitto non possiamo proprio fare a meno di entrare, lo dobbiamo fare con l’intenzione di eliminare la conflittualità e di stare in quello stato nel minor tempo possibile.

Un chirurgo è costretto ad “entrare” nel corpo di un paziente, provocandogli del dolore. Ma il dolore che provoca al malato è in funzione della guarigione, e dunque serve a evitare un male più grande».

Quando sono gli altri conflittuali con noi, come dobbiamo comportarci? 

«Dobbiamo evitare la conflittualità e metterci al riparo in una posizione di sicurezza. Non rendere “pan per focaccia” ed evitare accuratamente di commettere l’errore di pensare che due sorgenti di conflittualità siano meglio di una. O, peggio ancora, che la conflittualità risolva la conflittualità.

A una persona polemica non dobbiamo rispondere in modo polemico. Dobbiamo piuttosto cercare di capire qual è l’origine del suo malessere».

Il conflitto nasce quasi sempre dall’incomprensione. E, a volte, sembra non sia proprio possibile capirsi o perché ci sono livelli di consapevolezza troppo diversi o perché in gioco ci sono interessi contrastanti, non armonizzabili. Si è tuttavia costretti a interagire perché si è membri della stessa famiglia, si è soci in affari, si collabora nella stessa organizzazione.  Che fare in questi casi?

«Si deve cercare un intermediario o una piattaforma intermediaria per evitare interazioni dirette. Le persone intermediarie devono essere di buona qualità, riservate, realmente terze nella loro valutazione dei fatti. La loro presenza di testimoni spesso scoraggia le persone polemiche o conflittuali. Quando si è in difficoltà bisogna imparare a chiedere aiuto. A eventuali intermediari non dobbiamo però chiedere appoggio per avere ragione, ma per sciogliere quei nodi conflittuali che stanno soffocando le nostre relazioni».

Lei sostiene che i conflitti si superano parlando con il cuore. Ma cosa significa “parlare con il cuore”?

«Significa esprimere la cifra massima – ognuno ha il proprio massimo, il proprio calibro – la più alta possibilità di empatia. Le persone generalmente percepiscono se noi parliamo per il bene di tutti e per il loro bene. Il che non esclude il nostro bene ma lo inserisce in un bene collettivo. Parlare con il cuore significa mandare avanti l’emozione che comunica al nostro interlocutore il messaggio che noi vogliamo il suo bene, che diciamo quello che diciamo a beneficio suo e di tutti. Che non difendiamo noi stessi o altri interessi di parte. Parlare con il cuore è usare un linguaggio universale. Il linguaggio dell’amore è universale».

Francesca Nicastro

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